MOVIMENTO PER L'ABOLIZIONE DELLA LEVA OBBLIGATORIA MILITARE E CIVILE
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Perché ci togliete la vita?
di Alberto Mingardi
Nell'elaborazione delle teorie libertarie e dunque nella vivisezione del sistema statale operata da intellettuali come Murray Rothbard, il problema-leva è stato oggetto di grande attenzione.
Lo è stato perchè non soltanto in esso si esemplificano le meccaniche dell'azione dei "mezzi politici", per usare la calzante definizione di Albert J. Nock (Nota 1 = Cfr. A.J. Nock, "Il nostro nemico, lo stato", Liberilibri), ma anche vi sono ampiamente riscontrabili le perversioni insite nelle azioni statali e dunque non volontarie.
Non a caso, quando Rothbard parla delle forze armate nel suo "Libertarian Manifesto" (Nota 2 : M.N. Rothbard, "Per una nuova libertà", Liberilibri) non punta il dito con vigore sulla coercizione. Sarebbe inutili, è cosa nota a tutti i libertari.
Invece, il maggior teorico dell'anarco-capitalismo precisa subito di volersi occupare della "struttura stessa delle forze armate", e si chiede :
"[...]Per quale altra occupazione sono previste nel paese pene così severe, inclusa la prigione ed in alcuni casi anche la pena capitale, per la "diserzione", ossia per l'interruzion del lavoro? Se un dipendente della General Motors si licenzia, viene forse fucilato all'alba?".
Estremamente interessante è il fatto che Rothbard non si occupi qui soltanto dei militari di leva, ma estenda il discorso anche agli ufficiali stessi : ci si impegna a lavorare per un dato periodo, è vero, ammette l'intellettuale ebreo-newyorkese, tuttavia recedere da questo contratto prima del termine pattuito può essere moralmente criticabile, ma resta inviolabile il principio per cui, in una società libera, anche sotto le armi, anche a contratto firmato, "sul suo corpo e sulla sua mente" parafrasando Stuart Mill "l'individuo è sovrano".
Se ciò è vero per un militare di carriera, a maggior ragione lo è per uno di leva. Questo sicuramente.
Ma non è l'unica ragione di Rothbard, ma anzi la ragione più profonda è un'altra : nella storia degli stati uniti (la stessa storia cui il padre del libertarismo ha dedicato uno dei suoi libri più belli, "Conceived in liberty"), c'è un filo rosso. La ferma opposizione alla creazione di qualsiasi forma di esercito permanente, vista giustamente come mero strumento del potere, incontrollabile dai cittadini qualunque.
E' un'obiezione che pesa, un'obiezione forte che impone un ripensamento non soltanto sulla Leva ma sulle forze armate in sè, ponendo in estrema rilevanza un modello molto diverso da quelli cui siamo abituati, come quello svizzero.
E ancora : se il mercato assegna paghe più elevate a coloro che quotidianamente svolgono lavori più pericolosi, se gli stipendi di alcuni di essi addirittura toccano le stelle (si pensi ai piloti di Formula 1), come mai lo Stato sottopaga con assegni addirittura infamanti gli uomini, che per difenderlo, potrebbero correre rischi ancora maggiori di chi guida una monoposto da corsa?
Riassumendo, i motivi per cui la leva è ingiusta sono molti.
Anzitutto lo è in quanto, come ha spiegato un grande - e dimenticato - pensatore italiano, Bruno Leoni, "libertà e costrizione sono termini antitetici" (Nota 3 : B.Leoni, La Libertà e la Legge, Liberilibri), e visto che la libertà è lo stato di natura dell'Uomo, ciò che va contro di esso è inevitabilmente ingiusto, arbitrario. La leva e la costrizione lo sono.
Inoltre, la leva è ingiusta perchè lede la più fondamentale proprietà di un uomo : quella su se medesimo. Lo Stato rapina di questa libertà gli individui, li rapisce, li interna per un anno (o meno) in un ambiente a loro estraneo, ma senza l'onestà intellettuale dei briganti. E' per il bene di tutti, dunque anche il vostro, viene detto a coloro che sono stati rapiti.
Ma soprattutto la leva è ingiusta perchè uccide letteralmente il vero sogno delle società libere, compendiato nella Dichiarazione d'Indipendenza Americana come "diritto alla felicità". Una società libera è infatti una società in cui, senza ledere i pari diritti altrui, un uomo possa autonomamente e secondo il proprio gusto ed i propri desideri ricercare la propria felicità. Felicità che varia da individuo a un individuo, i cui attributi sono diversi a seconda dell'ambiente, del DNA, delle aspirazioni di ognuno di noi : ma è proprio questa la grandezza della libertà, impedire a chiunque (nella fattispecie, allo Stato) di possedere tutti i mezzi, in modo che ciascuno possa almeno provare a soddisfare il suo fine.
La leva pone un limite in sè a questa ricerca. Certo, un limite parziale, sicuramente ancora sopportabile pensando a quelli che sono esistiti ed esistono ancora lontano da noi, ma tale parzialità non è sufficiente a giustificarlo. Nè può esserlo un generale consenso di cui potrebbe essere ammantata perchè, spogliata di ogni retorica, privata del sottile "fascino della divisa", nuda davanti ai nostri occhi essa si mostra soltanto come un'aperta violazione dei diritti individuali. Nient'altro.
E, parlando invece proprio in termini retorici, non è la leva stessa a sminuire lo stesso (teorico) compito delle Forze Armate ? Come possono essere queste le sentinelle della Libertà se esse stesse si alimentano non di libertà, ma del suo contrario, di costrizione ?
Chi scrive non sa rispondere, ma è sicuro che se fatta ai signori che fanno sfoggio di retorica patriottarda e dirigistrica, tale domanda verrebbe accolta con un sorriso, prima che costoro cominciassero, con condiscendenza, a spiegare ai bambini "monelli" che chiedono infinite volte "perchè" i motivi profondi che li spingono a decidere arbitrariamente delle nostre vite.
Vite che magari - perchè no ? - alcuni di noi potrebbero scegliere di passare per un certo periodo sotto le armi, il che farebbe loro soltanto onore, ma glielo farebbe appunto perchè SCELTA, non obbligo, non "dovere" (quella parola con cui si riempiono la bocca i furbi, diceva Prezzolini, quando vogliono che i fessi marcino per loro).
E' un grido quello dei libertari. Una voce che urla nel deserto.
Ha toni diversi, differenti sfumatore, ma il leitmotiv è sempre lo stesso, ripetuto da ormai anni con tenacia e determinazione. E' il grido sconsolato di Kira, protagonista dell'indimenticabile romanzo "Noi Vivi" di Ayn Rand :
perchè togliete a noi VIVI la vita ?