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MOVIMENTO PER L'ABOLIZIONE DELLA LEVA OBBLIGATORIA MILITARE E CIVILE |
La Trasformazione da Associazione di Volontariato ad ‘Ente’
Nella vita di molte associazione di volontariato, giunge un momento in cui qualcuno prospetta l’idea di "prendere qualche obiettore". Un socio prospetterà i benefici che deriveranno dall’avere una persona disponibile tutto il giorno tutti i giorni: "potremo coprire tutti i turni scoperti senza difficoltà; potremo istituire un telefono amico; potremo organizzare un pulmino per i bambini; potremo ..." nelle menti dei volontari si schiudono così mille possibilità di cose buone e giuste che finora non avevano potuto fare. Qualcuno penserà anche a vantaggi più prosaici ricordando che "non dovremo più fare i turni per le pulizie!"; qualcun altro, preso da scrupoli, dirà: "E poi Fabrizio potrà fare servizio da noi". A tutti sembrerà una cosa buona e giusta.
Quindi, se qualcuno solleverà l’eccezione di ordine pratico "ma se ci viene uno da fuori ... dove lo mettiamo a dormire?", qualcuno forse ne solleverà di ordine etico: "Certo che vincolarci al distretto militare .... E poi se non ci mandano uno di quelli che abbiamo chiesto?", ma subito si sarà chi li zittirà: "Ma lo sai che adesso non siamo più obbligati a fornire vitto e alloggio, e se non ci mandano uno che abbiamo chiesto, ci accorderemo con lui. Che problemi potrebbero esserci?".
E già ... che problemi potrebbero esserci ... è sempre meglio che stare in caserma .... Come smentire questa semplice affermazione?
Così la nostra associazione di volontariato, un’associazione indipendente dallo stato e dal governo, stipula un contratto con il Ministero della Difesa per l’assegnazione di persone costrette per una loro posizione di coscienza a svolgere un servizio obbligatorio, molto spesso contro la loro volontà. In pratica l’associazione ha accettato di rendersi complice dello Stato nell’applicazione di una legge disumana che punisce in modo ipocrita la libertà di coscienza dei cittadini, e la libertà tout court. Chi mai dei volontari avrebbe creduto di doversi ritrovare a fare l’aguzzino e il sorvegliante di lavoratori forzati, quando prese la decisione di "prendere" qualche obiettore? Sembrava una cosa tanto "civile", questo servizio ...
Arriva il primo obiettore. Qualcuno dei volontari avrà accettato di fare il "responsabile obiettori" pensando in una sinecura, o forse segretamente desiderando di essere messo alla prova in quella cosa che magari nella vita non gli è riuscito di fare: comandare sugli altri. Nessuno ricorda le parole di quel quacchero abolizionista americano del ‘700 quando diceva che nessun essere umano è abbastanza santo da resistere alla tentazione del potere su un altro essere umano. Si tratta di volontari, non di aguzzini, nessuno di loro assume questo incarico pensando di sfogare le proprie frustrazioni, tutt’altro! Penserà di amministrare il suo potere con giustizia e fermezza, e si sentirà tanto buono. Certo, rimarrà un po’ stupito dei suoi compiti: "veramente devo fargli il permesso tutte le volte che esce? Veramente devo chiedere sempre dove va?", ma subito sarà tranquillizzato, perché la grande discrezionalità e l’enorme arbitrio significano per lui, o lei, soltanto l’opportunità di essere ancor più buoni di quanto aveva previsto di essere. Buoni, ma fermi, certamente.
Arriva il primo obiettore, dicevamo. Ci sarà una gran curiosità per questo strano animale. In futuro tutti sapranno che quel primo incontro è molto improntate perché il momento in cui si stabiliranno i rapporti gerarchici; ma la prima volta, nessuno ne è consapevole, e men che meno l’obiettore. Tutti saranno un po’ eccitati come al primo appuntamento. Ognuno cercherà di fare la miglior figura possibile. Chi sei? Quanti anni hai? Cosa studi? Conosci la nostra associazione? Vedrai che ti troverai bene. Io mi occupo di questo, lui di quell’altro. Ti piace? Bene! Vedrai che lavoreremo bene insieme. Grandi sorrisi, strette di mano. In genere se ne esce tutti soddisfatti, e quando l’obiettore se ne va via, i commenti: "Che bravo ragazzo! Sembra proprio uno in gamba! Hai visto come è interessato ..." etc. etc.
Le volte successive, scottati da precedenti esperienze, i volontari saranno più guardinghi: "Se ti piace bene, senno, vedi di fartelo piacere, perché lo sai qual è l’alternativa no?" L’obiettore annuirà e cercherà sempre di farsi vedere interessato. Per lui è sempre la prima volta.
Ogni volontario ama la propria associazione, è ovviamente dedito alla causa che essa porta avanti, e a volte non capisce perché gli altri esseri umani non siano così presi dalla sua stessa causa. Certo, ci sono alcune pecche nella gestione, lui è il primo a dirlo, ma la causa resta la migliore.
Dato l’amore che porta alla sua associazione, non riuscirà proprio a capire perché mai qualche obiettore possa essere scontento di passare le sue giornate nella sede seminterrata, senza riscaldamento, oppure senza finestre. "Potessi farlo io invece che stare in ufficio!" penserà e proverà rabbia per quell’ingrato che non dimostra un minimo di spirito civico e di entusiasmo per una causa così buona e giusta. Qualcuno magari arriverà a capire che l’entusiasmo non si può pretendere, ma "visto che ci devono passare 36 ore da noi, almeno si diano da fare!". (Come dire: se l’entusiasmo non gli viene con le buone, allora si ricordino che gli può venire con le cattive).
Infatti sono cominciati i primi guai. Qualche utente s’è lamentato perché l’obiettore ha risposto con poco garbo; qualcuno ha telefonato in ufficio quando ci doveva essere l’obiettore e non ci ha trovato nessuno ... ("segno che quel fannullone se n’è andato a spasso ... sente l’aria della primavera, mentre la gente ha bisogno!"); un altro obiettore si è ‘scordato’ di fare quelle 1500 fotocopie che gli avevo ‘ordinato’ etc.
I volontari passano allora al contrattacco. All’ordine del giorno della riunione ci sarà un breve e laconico punto: "obiettori". Il responsabile, con grande pacatezza per dimostrare la sua superiorità e il suo buon carattere, racconterà le manchevolezze dell’OdC, e magari lo paragonerà ad altri più zelanti; qualche volontario di sesso maschile più anziano, si ricorderà di quando lui faceva il militare e di come siano cambiati "questi giovani d’oggi", qualche ragazza dirà che ci dovevano pensare prima, dato che l’hanno sempre saputo che dovevano fare il servizio militare. Buon viso a cattivo gioco, o mangiare la minestra o saltare la finestra ... insomma la solita litania di luoghi comuni.
Se i volontari si saranno sfogati a sufficienza in questo modo, alla fine della "discussione" non sarà presa alcuna decisione, ma il responsabile obiettori il giorno dopo farà sapere all’obiettore che si è parlato di lui a riunione ... e lascerà cadere il discorso come una minaccia.
Se però i volontari si erano già sfogati o comunque non si accontenteranno della solita litania di maldicenze, allora chiederanno di fare un richiamo formale attraverso il distretto militare. Eserciteranno così per la prima volta il loro potere punitivo, oltre che coercitivo (non si sono mai accorti di aver esercitato fin dall’inizio anche quello).
Alcuni esempi di richiami formali: "È sporco e non fa le pulizie" (ma le pulizie sono un "lavoro socialmente utile", un modo per "sperimentare nuove vie"?) "Dimostra scarso entusiasmo nel lavoro, che pure svolge" (ma certo, non volevano inguaiarlo troppo al distretto); "porta gli amici nell’alloggio" (certo l’OdC non ha una casa, ha un alloggio ... è di cattivo gusto portare gli amici a visitare il proprio alloggio ...).
Qualche obiettore si spaventa a vedere arrivare dal distretto un richiamo formale. Si prende paura e china la testa. I volontari saranno tutti contenti, sotto sotto si sentiranno un po’ in colpa e magari gli concederanno quella licenza che aveva chiesto tre mesi fa e che prima non c’era stato modo di darla perché c’era il tombolone di raccolta fondi o le iscrizioni alla maratona per la pace e la libertà.
Qualche obiettore invece si incavolerà ancor di più e comincerà a comportarsi da ribelle. L’indignazione dei volontari salirà alle stelle. Proprio non lo capiscono come qualcuno non sia entusiasta di poter lavorare tutto il giorno a quella stessa causa per la quale loro devono ritagliare al lavoro e alla vita privata il tempo per dedicarvisi. Che ingrato! Che fannullone!
Quando viene dichiarata guerra fra gli obiettori e l’ente, l’obiettore ha ben poche armi e spesso non le conosce. La principale è che l’ente ha in mano una vera e propria mannaia e bene o male è restio ad usarla. Ricusare un obiettore è un atto grave, che pochi si sentono di prendere.
Consegnare nelle mani dei militari una persona perché questi ne facciano quel che meglio credono fa pensare ... ("Non eravamo noi i buoni?"). Prima di giungervi, le proveranno tutte: punizioni, vessazioni, lusinghe e privilegi, tutto pur di far rinsavire l’obiettore o almeno metterlo nella condizione di non nuocere e soprattutto di non rovinare gli altri. Sarà quindi messo in un turno "dove può fare pochi danni" con pochi contatti con gli altri, e soprattutto con i nuovi.
Nei primi 60 giorni, l’ente può ricusare facilmente e senza troppe spiegazioni un obiettore, dopo deve trovare un modo per ricusare l’obiettore per un suo demerito. In riunione aperte solo ai soci più fidati e tenute a porte chiuse (senza ovviamente la presenza dell’accusato), i volontari escogiteranno mille modi per cogliere in castagna l’obiettore: affidargli soldi, imporgli orari impossibili, sorvegliarlo a sua insaputa ... fino a trovare il pretesto per ricusarlo. Fra di loro si sorrideranno come congiurati, sicuri di stare facendo la cosa giusta per la causa, che è comunque più importante della sorte di questo fannullone.
L’obiettore quasi sempre si accorge di queste manovre, ma è impossibile rispettare le mille regole senza mai sbagliare, e quindi finirà con il fornire il pretesto cercato e determinerà così la sua sorte: ricusazione, assegnazione punitiva, dopo una congrua aspettativa di parecchi mesi.
Nessuno dei volontari si interesserà della sorte di quell’obiettore. Gli obiettori, si sa, son come le foglie, ad ogni stagione ce ne sono di nuovi e chissà che fine fanno quelli vecchi.
Ecco come una associazione basata sul lavoro volontario di persone che liberamente avevano scelto di dedicare parte del loro tempo ad una buona causa si è trasformata in un ente convenzionato con il ministero della Difesa per la sorveglianza e la punizione di persone sottoposte contro la loro volontà a lavori forzati socialmente utili per punirli di una loro presa di posizione dettata dalla loro coscienza.
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