SCRIVERE INSIEME UNA PAGINA DI LIBERTA'
MOVIMENTO PER L'ABOLIZIONE DELLA LEVA OBBLIGATORIA MILITARE E CIVILE

VICEPRESIDENTE DI NE' GIUSTA NE' UTILE OBIETTORE TOTALE


Il giorno 21 giugno Nicola Marcuccetti, vice-presidente di "Né giusta né utile", era stato chiamato a svolgere il servizio militare presso la caserma "Lupi di Toscana" a Firenze. In sua vece ha mandato questa lettera, dichiarando così la propria obiezione totale.


Al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Firenze

al Giudice competente del Tribunale di Firenze

e p.c.

- al comandante del 78° reggimento "Lupi di Toscana"

- al Ministro della Difesa

- al Presidente del Consiglio dei Ministri

- ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica

- ed altri

Massa, 16 giugno 2000

 

Vostro Onore, Signor Pubblico Ministero, Gentile Avvocato,

In obbedienza alla mia coscienza, nell'esercizio del diritto alle libertà di pensiero e di coscienza riconosciute dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo e dal Patto Internazionale sui Diritti Civili e Politici, opponendomi all'uso delle armi, non accetto l'arruolamento nelle Forze armate e nei Corpi armati dello Stato e rifiuto di prestare il servizio militare di leva. Chiedo pertanto di essere condannato ai sensi dell'art.14 comma 2 della legge 230/98.

Disobbedisco a una legge per amore del Diritto.

Se oggi scelgo di affrontare un procedimento penale, forse un processo, e senza dubbio la condanna che vi sollecito, lo faccio per amore e rispetto del Diritto. Quello stesso amore e quello stesso impegno che hanno indotto ciascuno di voi a dedicare ad esso il proprio lavoro e la propria vita, e che spingono anche me a voler seguire i vostri esempi ed intraprendere il vostro stesso cammino professionale, mi costringono oggi a scegliere la strada della disobbedienza civile e le aule di un tribunale per affermare la mia coscienza e per confrontarmi a viso aperto con la Legge e con le regole della democrazia.

 

"Se quando siamo sul punto di fuggire, o come altrimenti tu voglia dire, ci si parassero dinanzi le Leggi e l'intera Città e ci chiedessero: <<Dimmi, Socrate, che cosa hai in mente di fare? Non credi forse, con il tuo tentativo, di uccidere, per quanto è in te,  noi Leggi e tutta la città?  O credi possa restare in piedi e non andare in rovina quella città in cui le sentenze non hanno alcun valore, ed anzi sono rese vane e nulle dai privati cittadini?>> che risponderemmo noi, o  Critone, a queste e a simili domande?"     (Platone, Critone)

 

Non voglio sottrarmi alle leggi e alle conseguenze pur gravi che esse comportano per le scelte che ho compiuto in ossequio alla mia coscienza. Soltanto seguendo nel mio piccolo l'esempio di Socrate e affrontandole senza fuggire potrò reclamare con ancor maggiore forza il riconoscimento di quei valori per i quali mi impegno e il cambiamento di una legge che giudico sbagliata.

 

Gentile Pubblico Ministero, gentile Giudice, gentile Avvocato, se guarderete la documentazione sanitaria che allego a questa lettera vi renderete conto che le mie allergie respiratorie mi rendono inidoneo a prestare il servizio militare secondo i parametri fissati dalla legge e dal Ministero della Difesa. Tuttavia ciò che mi interessa non è la mia personale libertà, né dagli obblighi di leva né dal carcere, ma richiamare la vostra attenzione su una questione di importanza generale. Credo che le ragioni storiche e di principio che mi inducono a commettere questo reato siano molto più importanti della mia vicenda personale, e proprio per testimoniarvelo ho deciso di non presentare questa documentazione al distretto militare e non ho chiesto di essere esentato dal servizio di leva.

 

Mi considero un obiettore di coscienza al servizio militare anche se la legge dello stato non intende riconoscere la mia condizione e mi tratta come un delinquente, meritevole di reclusione. Contesto questa legge, il servizio civile alternativo e la leva militare obbligatoria tuttora imposta ai giovani cittadini italiani di sesso maschile. Pur rifiutando le armi e l'addestramento obbligatorio che lo stato vuole impormi non posso accettare il sistema del servizio civile che mi è proposto come unica alternativa al carcere. La mia coscienza mi impedisce di svolgere tanto il servizio militare quanto il servizio civile.

Perché rifiuto di svolgere il servizio militare.

Non ho mai posseduto armi e non obbedirò a una legge che vuole costringermi ad usarle contro la mia volontà e contro la mia coscienza. Non posso accettare neppure che lo stato a questi fini voglia privare i suoi cittadini maschi della loro libertà e si impossessi di 10 mesi delle loro vite, magari esponendoli ad abusi, violenze e a misteriosi incidenti aggravati dall'omertà e dall'insabbiamento delle gerarchie militari. Non voglio far parte coattivamente di una istituzione basata sull'uso delle armi e della violenza che intende insegnarmi ad obbedire ciecamente e ad abdicare alle mie responsabilità e alla mia libertà morale. Chiedo di essere libero e responsabile delle mie azioni.

 

E' inaccettabile che uno stato libero e democratico continui a pretendere da alcuni suoi cittadini un servizio militare quando esso in realtà non è più né utile né necessario neppure per le presunte esigenze di "difesa della Patria", le uniche che ai sensi dell'art.52 della Costituzione potrebbero giustificare l'imposizione di una così gravosa e prolungata prestazione personale. Lo scenario politico internazionale è ormai radicalmente cambiato: sono finite la guerra fredda e ogni minaccia di invasione; è scomparso qualunque motivo che potesse giustificare il ricorso alla leva militare e a un esercito di massa. Non c'è più nulla che reclami una urgente, sacrale e massiccia difesa del Paese. Di questo tutti si sono accorti, tranne il legislatore.

 

Secondo la Costituzione "la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino". Se con questo termine si intendono la democrazia, le libertà garantite dalla nostra Carta Costituzionale, i Diritti Umani e l'indipendenza del nostro ordinamento, come cittadino italiano sarò certamente pronto a difendere il mio Paese quando vi saranno un concreto pericolo, una minaccia o una aggressione contro di esso. Il mio rifiuto del servizio militare non implica il rifiuto del dovere di difesa. Quando ce ne sarà bisogno difenderò l'ordinamento democratico in cui mi riconosco nelle forme che la mia coscienza mi consentirà e che saranno necessarie, anche a prescindere dal dovere costituzionale e dalla sua arcaica formulazione. Non accetto invece che in nome della "Patria" o di un ambiguo concetto di "difesa" il potere politico o quello militare vogliano obbligarmi a dimostrare la mia fedeltà al Paese offrendo 10 mesi della mia vita su un altare sacrificale senza necessità alcuna. Patria e Nazione sono parole in nome delle quali troppo sangue è stato versato e troppi crimini sono stati commessi. Sono state talora un lume per i popoli, per la conquista della libertà e della democrazia, molto più spesso sono state il pretesto per aggressioni militari o per opprimere le minoranze. Non merita certo più alcuno spazio nella nostra Carta Costituzionale la "Patria" come unità etnica, linguistica e religiosa, assunta a cardine sacrale dello stato, nella contrapposizione nazionalistica a culture e paesi differenti. In questo senso non riconosco Patria diversa dal Pianeta Terra e non accetto di servire militarmente uno stato-nazione che si contrapponga agli altri in nome di una volontà di potenza, di dottrine sullo spazio vitale o di vaghe ansie civilizzatrici. La mia fedeltà al nostro ordinamento giuridico e alle libere istituzioni democratiche è tuttavia sincera, ed è mio intendimento testimoniarvelo, anche con la decisione che ho preso.

 

La nostra Costituzione e le nostre leggi sono nate e si sono cristallizzate in un'epoca profondamente diversa da quella in cui stiamo vivendo. Non esistono più gli spettri di una invasione dell'Italia o degli altri paesi europei e, almeno nell'Europa occidentale, le contrapposizioni tra stati confinanti che innumerevoli volte hanno scatenato guerre e distruzione sul nostro continente sono ormai un ricordo del passato. Alle preoccupazioni per la "difesa" si devono oggi sostituire quelle per la pace e la sicurezza internazionale. Ne deriva l'urgenza di realizzare idonei strumenti politici e militari per prevenire catastrofi umanitarie o intervenire in caso di bisogno, e questo comporta la necessità di riconsiderare anche le esigenze e la funzione delle strutture militari. La stessa NATO ha provveduto ad elaborare un nuovo concetto strategico e cerca di ridefinire il proprio ruolo, ed anche nel nostro Paese si impongono delle scelte chiare e responsabili. Certamente mancano ancora precise ed efficaci regole internazionali, ed è carente un controllo democratico sui processi in atto; tuttavia queste gravissime mancanze, che pure devono essere al più presto colmate, non devono impedirci di prendere atto dei cambiamenti e di constatare che il tradizionale modo di ragionare di difesa e di esercito è del tutto obsoleto. Come cittadino europeo chiedo che sia superata la logica degli eserciti nazionali e sia istituita una organizzazione comune militare e civile che sappia difendere la pace ed il rispetto dei diritti umani nel mondo. Sogno un corpo internazionale di pace non più al servizio di singoli stati per l'imposizione degli interessi nazionali o per conquiste territoriali, ma pronto ad intervenire, sotto il controllo di Nazioni Unite democraticamente riformate, ovunque la follia umana minacci la pace e la vita delle persone. Come cittadino europeo chiedo di non vedere mai più i massacri di Srebrenica, del Ruanda, o di Grozny. Soltanto realizzando il primato del diritto sulla forza anche a livello internazionale potremo porre fine alle guerre. Non è forse questo ciò che anche la nostra Costituzione ci invita a fare, all'art.11? Sono indispensabili un superamento degli eserciti tradizionali e una profonda trasformazione dello strumento militare. Ma essenziale per questo cammino è anche l'abolizione dei grandi eserciti di massa e della leva obbligatoria. "La pace perpetua non è un'idea vuota, ma un compito che, risolto a poco a poco, si fa sempre più vicino alla sua meta" (I.Kant, Per la pace perpetua). Credo che anche la mia scelta individuale, per quanto piccola e per quanto ancora penalmente sanzionata (o forse proprio per questo), sia il piccolo passo che la storia mi chiede di fare verso quella meta.

 

Rispetto chi sceglie di svolgere il servizio militare e apprezzo il ruolo che già oggi le nostre Forze armate svolgono per la difesa della pace nel mondo. Pretendo però dalle Forze armate e dalla legge altrettanto rispetto per la mia libertà, i miei studi e il mio lavoro. La difesa della pace è un compito impegnativo che richiede serietà e preparazione e giustamente lo stato retribuisce chi si dedica professionalmente ad esso. Anche per questo mi pare intollerabile che la legge, con la minaccia del carcere, obblighi i cittadini a svolgere un lavoro che essi non hanno chiesto, senza alcuna retribuzione degna di questo nome, fianco a fianco con personale che adempie su base volontaria gli stessi compiti con regolare stipendio e con un rapporto di impiego. Ciò è ancor più inaccettabile oggi che le Forze armate sono spesso impiegate per scopi che certo non corrispondono alle esigenze di difesa nazionale che potevano giustificare l'obbligatorietà del servizio militare, e questa certezza non può che rafforzarsi se consideriamo l'impiego dei militari di leva nei servizi ausiliari negli altri corpi dello Stato o in certi servizi sostitutivi. Al cittadino impiegato nel servizio militare (o in quello civile alternativo) non è riconosciuta una retribuzione proporzionata al lavoro, e meno che mai sufficiente ad assicurare a lui e alla sua famiglia una esistenza libera e dignitosa. Non sono previste neppure tutele o diritti sindacali. Il giurista ci dirà che questa prestazione personale non è un lavoro perché corrisponde all'adempimento di un obbligo costituzionale, e che la disparità di trattamento pertanto non è irragionevole, ma questo può bastarci come risposta?

 

E che dire dei danni economici sopportati dalle famiglie e dai giovani obbligati al servizio di leva? Giudico irragionevole ed intollerabile che un presunto inderogabile dovere di solidarietà politica, come la difesa del Paese, sia attuato in una forma che coinvolge solo una minoranza di cittadini di sesso maschile e che i costi relativi gravino soltanto su di loro e sulle loro famiglie. Se la difesa riguarda il Paese intero è doveroso che ad essa concorrano tutti i cittadini in ragione della loro capacità personale o contributiva. L'attuale sistema, oltre a far ricadere su una minoranza i costi di un servizio di utilità generale, crea anche gravi disuguaglianze tra coloro che sono tenuti a prestare il servizio militare e quanti ne sono esenti. Questi ultimi (donne, giovani esonerati, cittadini di altri paesi europei dove non esiste il servizio militare di leva) hanno la possibilità di studiare, lavorare, specializzarsi per quasi un anno in più rispetto ai primi. La Costituzione e la legge prevedono una tutela della posizione lavorativa, ma nessuna protezione efficace può essere prevista a favore di coloro che ancora non hanno una occupazione. Nessuna legge può compensare la perdita di 10 mesi di vita, di studio e di attività ed i gravi danni personali e sociali che essa comporta in un mercato del lavoro sempre più aperto e competitivo. E' assurdo che tutto ciò avvenga in nome di un interesse pubblico che potrebbe essere soddisfatto altrimenti e ben più efficacemente che con il servizio militare di leva. La scelta di contenere i costi finanziari della difesa, che peraltro non risponde alle nuove esigenze di politica internazionale, non può più giustificare gli enormi costi economici e sociali del servizio di leva e la compressione dei diritti individuali che ne derivano.

 

Svolgere il servizio militare, arruolato in una istituzione violenta, costretto ad usare le armi, sarebbe una violazione della mia coscienza. Accettarlo per timore del carcere equivarrebbe inoltre ad una mia complice partecipazione ad un sistema che viola la coscienza e la libertà degli individui senza più neppure una parvenza di giustificazione fondata su un superiore interesse della collettività o su situazioni eccezionali di emergenza. Equivarrebbe infine alla mia rassegnazione ad un assetto dei rapporti internazionali basato sulla nazionalistica contrapposizione degli eserciti dei singoli paesi. Del perpetuarsi di questa situazione non voglio sentirmi responsabile nemmeno indirettamente. Non impiegherò armi e non indosserò l'uniforme dell'esercito. Non svolgerò il servizio militare.

Perché rifiuto di svolgere il servizio civile.

Non posso d'altra parte accettare di svolgere un servizio civile che, oltre ad essere parte integrante del sistema della coscrizione, mi appare ancor più ingiusto, inutile e dannoso della leva militare obbligatoria. Del resto anche se volessi svolgerlo non potrei più chiederlo senza commettere un reato, perché secondo la legge il termine utile per la domanda era il 31 dicembre 1999: in altre parole la mia coscienza e la mia libertà di pensiero e di opinione potevano essere esercitate solo prima di tale data (mentre quelle delle nuove reclute possono liberamente esplicarsi solo entro 15 giorni dalla data di arruolamento).

 

Non contesto l'importanza della solidarietà e del volontariato, ai quali dedico io stesso parte del mio tempo, ma contesto che tali valori, pur lodevoli, possano legittimare l'imposizione di un servizio così gravoso e una tale limitazione della libertà dei cittadini, spacciandolo per un "sacro" dovere di difesa. Questo è in effetti ciò che sta accadendo: malgrado lo si presenti come alternativo a quello militare il servizio civile è una forma di lavoro obbligatorio in campi di pubblica utilità che nella maggior parte dei casi nulla hanno a che vedere con tale dovere. Gli obiettori di coscienza impiegati nella protezione civile o in altre concrete forme di "difesa civile" sono solo una esigua minoranza. Su questo si è continuato a tacere negli anni per legittimare la giusta tutela della libertà di coscienza e garantire parità di trattamento agli obiettori sulla base dell'equivalenza del servizio militare e di quello civile. Non credo che sia più necessario né possibile andare oltre con questa finzione. Ormai soltanto il meccanismo dell'obiezione di coscienza e della domanda di ammissione evitano che il servizio civile si trasformi in una palese violazione delle norme internazionali che bandiscono i lavori forzati. Il fatto stesso che per l'opposizione di certe forze politiche l'abolizione della leva non possa avvenire senza la contestuale istituzione di un servizio civile volontario (ma non manca chi ne propone uno obbligatorio) è un segno chiarissimo: le preoccupazioni di fondo non riguardano più la tutela della libertà di coscienza né le esigenze di difesa. Gli interessi che si intendono tutelare sono la assegnazione di obiettori agli enti ed associazioni che già oggi li impiegano ed una vaga finalità pedagogica verso i cittadini che, oltre a non avere nulla a che vedere con l'art.52 della Costituzione, appare alquanto sospetta in una democrazia liberale. Dobbiamo riconoscere alla legge la facoltà di convertire a piacimento gli obblighi militari in "servizi" del tutto eterogenei nei fini? Il servizio civile è un semplice onere per il riconoscimento dell'obiezione di coscienza il cui contenuto può essere arbitrariamente determinato dal legislatore? Come alternativa, per continuare a dipingere il servizio civile come modo di adempiere il dovere di difesa, si propongono interpretazioni così larghe del concetto di "difesa della Patria" da essere ancora più allarmanti. Nel dibattito in corso manca qualunque riflessione sul tema delle obbligazioni politiche, dei loro limiti e dei rapporti tra stato e cittadino: questa superficialità è estremamente preoccupante. E' giusto aiutare il volontariato, ma per farlo esistono altri mezzi rispetto all'assegnazione di personale coatto e non retribuito. Quanto all'educazione dei giovani non la si può certo imporre con la minaccia del carcere e spacciandola per una forma di difesa.

 

Chiedo di essere condannato anche per solidarietà con quanti, obiettori di coscienza o contrari all'uso delle armi, pur desiderando essere riconosciuti come tali in questo discutibile sistema, sono invece costretti a svolgere il servizio militare da una legge che non dà loro neppure la possibilità di svolgere quel servizio civile che contesto. Un giovane cacciatore, un disoccupato che in passato abbia disperatamente cercato di svolgere il servizio nella Guardia di Finanza, un ragazzo che sia stato accusato e condannato soltanto in primo grado di un reato che magari non ha commesso, non possono neppure chiedere di essere riconosciuti come obiettori di coscienza. Chiedo di essere condannato anche per altrettanta solidarietà con quanti non sono riconosciuti come obiettori a causa degli stretti termini di decadenza che la legge ha imposto per esercitare un fondamentale diritto della persona. Chi maturi le proprie convinzioni etiche, filosofiche o religiose oltre il termine stabilito dalla legge, o durante il servizio militare non ha alcuna speranza di vederle rispettate. A questi giovani la legge non lascia alternativa tra un servizio militare contrario alla loro coscienza e la commissione di un reato. L'Italia anche per questi motivi figura nel rapporto annuale di Amnesty International tra i paesi che violano i diritti umani. A questa associazione ho dedicato anni ed anni di impegno volontario, e non potrei oggi dare il mio sostegno ad una legge e ad un sistema che la più importante associazione mondiale per la difesa dei diritti umani ha giudicato e giudica inadeguati ad una piena tutela della libertà di coscienza degli individui.

 

Chiedo di essere condannato per il rispetto che ho verso il volontariato e l'associazionismo, la cui libertà e la cui indipendenza sono oggi minate alle fondamenta dallo sconsiderato utilizzo di obiettori di coscienza assegnati dallo stato e addetti ad ogni sorta di attività senza considerazione alcuna della loro reale adesione agli scopi e ai valori delle associazioni che li impiegano. Nelle stesse associazioni di cui faccio parte rifiuto di avvalermi del lavoro né libero né spontaneo di obiettori obbligati a stare lì dalla alternativa tra carcere e servizio militare. Svolgere il servizio civile in un certo settore o in un certo ente non è un diritto dell'obiettore riconosciuto dalla legge, ma un interesse che solo occasionalmente viene soddisfatto dalla burocrazia ministeriale. Credo che sia una violazione della libertà negativa di associazione e un affronto alla libertà di pensiero costringere qualcuno a lavorare per valori e obiettivi che neppure condivide, così come credo che lo sia pretendere di educarlo a tali valori con la minaccia del carcere. Ciò nonostante moltissime associazioni continuano a collaborare con questo sistema e ad impiegare obiettori nascondendosi dietro al fatto che ciò è previsto dalla legge e che in base ad essa il servizio civile è formalmente scelto e richiesto dall'obiettore. Io tuttavia non vedo come si possa parlare di libero associazionismo, di solidarietà e di volontariato se si accetta di trarre vantaggio da un servizio imposto con la minaccia del carcere. Esistono molte associazioni di volontariato che oggi non sarebbero più neanche in grado di funzionare se lo stato non costringesse gli obiettori a lavorare per loro, e mi addolora vederne alcune che addirittura difendono la leva obbligatoria pur di tenere in piedi il servizio civile. In molti casi l'assegnazione ad associazioni private di ampi poteri sugli obiettori è inoltre riuscita a corrompere dei volontari onesti rendendoli autoritari e dispotici e facendo loro dimenticare la dignità di persona dei cittadini che svolgono il servizio di leva. Questo è il peggiore danno che si possa fare al mondo dell'associazionismo e del volontariato, che proprio sulla libertà e sul rispetto dell'individuo poggiano le loro fondamenta. Ma non meno duro è il mio giudizio sull'impiego di obiettori presso gli enti pubblici, dove il loro lavoro consente di risparmiare sui costi del personale. È un oltraggio a un obiettore autentico imporgli questo servizio civile, ed è un artificio riprovevole proporlo a tutti i giovani come alternativa a un servizio militare ormai lontano dalla coscienza del Paese e privo di qualsiasi utilità. Meglio sarebbe prendere atto del cambiamento dei tempi e abolire il servizio di leva.

 

In definitiva non credo che costituisca una valida ed accettabile alternativa, né individuale né generale, lo svolgimento dell'attuale servizio civile, la cui natura e le cui dimensioni hanno stravolto e distorto gli obblighi di leva. La sua dilatazione, lungi dal costituire il doveroso riconoscimento della libertà di coscienza degli individui, ha ormai snaturato il concetto di "difesa della Patria", offende gli autentici obiettori di coscienza, umilia il volontariato, e scardina nei fatti la stessa obbligatorietà del servizio militare, sostituendola con un pericoloso obbligo, a carico di una minoranza di cittadini, di servire lo stato per 10 mesi della propria vita. Come obiettore di coscienza non posso accettare che per il rifiuto di essere addestrato alle armi contro la mia volontà, nell'esercizio dei miei diritti fondamentali, lo stato voglia obbligarmi a svolgere questo servizio civile. Se non ritenessi anacronistica la stessa idea della leva militare obbligatoria (almeno in tempo di pace) potrei ritenere accettabile soltanto un servizio alternativo realmente finalizzato alla difesa (chissà ormai da che cosa) del Paese.

 

Non ha senso conservare un servizio militare obbligatorio per tenere in piedi una obiezione di coscienza generalizzata e di massa ad esso. Se gli obblighi di leva riguardano ormai soltanto una minoranza di cittadini e se l'obiezione di coscienza non è più un fenomeno marginale ma collettivo e in crescita continua, con tutta evidenza siamo di fronte ad un assurdo: la legge considera ormai ordinaria la disobbedienza alla legge e eccezionale il suo rispetto. Siamo al capolinea di un percorso storico che ha visto nascere la leva militare nei singoli stati nazionali, ne ha fatto lo strumento di una "religione civile", l'arma a basso costo per combattere sanguinose guerre di conquista, ed infine lo strumento più economico per assicurare la partecipazione italiana alla NATO. Oggi, svanite le ultime minacce di una invasione armata dell'Italia, si cercano nuove fondamenta per un obbligo costituzionale che non ha più ragione di esistere. Vagheggiando progetti di solidarietà, volontariato coatto e servizio civile non si vuole prendere atto dei cambiamenti che sono avvenuti nel mondo e nella società. Mi batto da anni perché la leva militare sia abolita non solo in Italia ma in ogni parte del mondo. Non posso subire silenziosamente l'imposizione di un obbligo anacronistico che deve essere abolito, non posso rendermi complice di un sistema ingiusto che deve essere cancellato. Qualche falsa "alternativa", l'inerzia del legislatore e le vuote promesse della classe politica non possono mettere a tacere la mia coscienza. Né la mia inidoneità al servizio militare è un valido alibi per essere indifferente al destino di migliaia di giovani ogni anno. Non svolgerò il servizio militare perché non voglio usare armi, ma non chiederò neppure di essere graziosamente riconosciuto come obiettore di coscienza ed assegnato al servizio civile.

Vi chiedo di applicare la legge e di condannarmi.

Certo la legge impone una punizione per la mia scelta. Come dispone la legge 230/98: "L'obiettore ammesso al servizio civile che rifiuta di prestarlo e' punito con la reclusione da sei mesi a due anni. Alla stessa pena soggiace chi, non avendo chiesto o non avendo ottenuto l'ammissione al servizio civile, rifiuta di prestare il servizio militare, prima o dopo averlo assunto, adducendo motivi di coscienza che ostano alla prestazione del servizio militare." In fin dei conti devo considerarmi già un privilegiato dal momento che la mia condanna dovrebbe comportare l'esonero dal servizio di leva. Non così invece per quanti commettano lo stesso identico reato adducendo motivi diversi dalla contrarietà alle armi o senza addurre motivi: secondo il 5° comma dell'art.14 costoro, anche dopo la condanna, continueranno ad essere chiamati a svolgere il servizio di leva e reiteratamente saranno processati e condannati finché non avranno da scontare almeno 10 mesi di reclusione (con tutte le gravi conseguenze). Non mi convince l'idea che per una condotta praticamente identica si riservino ai cittadini dei trattamenti così diversi. Si tratta di una irragionevole disparità di trattamento: se si ritiene che i motivi del gesto debbano avere qualche rilevanza, essi dovranno averla come circostanze attenuanti o aggravanti del reato, senza che da essi dipenda l'innescarsi di una spirale di condanne.

 

D'altra parte quand'anche chiedessi ed ottenessi il riconoscimento dello "status" di obiettore non accetterei di svolgere questo servizio civile e mi si dovrebbe pertanto condannare non solo e non tanto per il mio (presunto) rifiuto di difendere il Paese, ma anche, a quanto sembra dalla giurisprudenza, perché dimostrerei "avversione ai doveri di solidarietà sociale di cui all'art.2 Cost." Tanto che in questo tipo di reati non si potrebbe mai neppure applicare la circostanza attenuante dei motivi di particolare valore morale e sociale: la "immoralità" e "asocialità" del comportamento dovrebbero desumersi dal fatto stesso che l'imputato rifiuti di adempiere tali "doveri di solidarietà" che caratterizzerebbero il servizio civile.

 

Io svolgo regolarmente volontariato, ho lavorato intensamente per anni in Amnnesty Internatonal, associazione che impiega tuttora obiettori di coscienza, e ad altre associazioni sono iscritto. Sarebbe stato estremamente semplice per me (burocrazia permettendo e tralasciando la mia inidoneità fisica al servizio di leva) svolgere il servizio civile presso qualcuna delle associazioni per cui mi sono impegnato attivamente. Avrei in tal modo potuto fare per 10 mesi quello che già faccio ed ho intenzione di continuare a fare: ma allora che senso ha che la legge mi obblighi a farlo? E perché condannare al carcere chi già svolge liberamente ciò che lo stato vuole imporgli? Impegnandomi per i diritti umani  e sostenendo come posso altre associazioni io credo di aver già svolto e di continuare a svolgere il mio "servizio civile": si chiama volontariato. Evidentemente il reato per cui devo esser condannato è il fatto che voglio svolgerlo liberamente e per tutta la vita anziché per 10 mesi sotto l'egida della burocrazia ministeriale. Se rifiuto le armi per motivi di coscienza la legge scritta dice che avrei dovuto richiedere ed accettare la conversione dell'obbligo militare in lavori forzati o volontariato coatto che solo nella fantasia del legislatore difendono la Patria. Mi dispiace, ma io non posso presentare una domanda falsa e chiedere cose che giudico assurde e irragionevoli. Non posso assecondare un sistema contraddittorio ed anacronistico solo per limitare i miei danni personali. Allo stesso modo in cui non ho chiesto nuovi accertamenti sanitari per far rilevare la mia inidoneità fisica, ho deciso di non chiedere l'ammissione a quel servizio che giudico offensivo della mia libertà di coscienza e contrario alla nostra Costituzione.

 

Per tranquillizzare la coscienza e garantire un sano riposo al giurista giuspositivista, la mia condanna si fonda sul mio rifiuto di un obbligo costituzionalmente imposto e la mia disobbedienza alle leggi che ne regolano modi e limiti. Il mio rifiuto del servizio di leva militare e civile comporta una pena da 6 mesi a due anni di carcere, e poiché la Corte Costituzionale ha già respinto alcune sporadiche eccezioni di legittimità sulla sanzione penale per questi reati, io dovrei corrispondere in pieno al tipico "soggetto deviante", che dimostra "avversione ai doveri di solidarietà sociale" e alle leggi, e che deve essere "rieducato" e "recuperato alla comunità nazionale" cercando di convincerlo con il carcere ad adempiere obblighi di solidarietà sociale (a condizione ovviamente che siano quelli gestiti dall'apparato burocratico dell'Ufficio Nazionale per il Servizio Civile). Signor Giudice, signor Pubblico Ministero, Sono imbarazzato per voi, che siete chiamati ad applicare la legge, sono imbarazzato per la Corte costituzionale, che cerca di spiegare come può le leggi che si ritrova sulla Gazzetta Ufficiale, sono imbarazzato per il nostro Parlamento, in cui giacciono da tempo proposte di superamento della leva obbligatoria inizialmente sbandierate alla stampa e alle televisioni e poi serenamente cadute in oblio. Il Parlamento in verità sembra ora intenzionato a discutere seriamente una riforma della leva, ma essa prevede comunque tempi biblici. Mentre mi accingo a commettere questo reato la Camera dei Deputati ha approvato il testo di una legge delega che, se attuata, potrebbe forse portare ad una "sospensione" della leva in tempo di pace. Non è dato sapere se a questo primo importante passo ne seguiranno altri, né possiamo sapere quando. Mi appello ai nostri rappresentanti in Parlamento e al Governo affinché si assumano le loro responsabilità approvando ed attuando, concretamente ed in tempi rapidi, una riforma ormai indifferibile, e mi auguro che presto nessun cittadino sia più costretto a commettere questo reato. Nel frattempo io dovrò subire questa condanna alla reclusione. Non mi sembra peraltro che un carcere (sia pure civile) possa essere un posto adatto alla "rieducazione" di un obiettore di coscienza, e ho ormai seri dubbi sul fatto che questo reato produca ancora qualche allarme sociale. Proprio per questo invoco una pena. Voglio essere condannato come se fossi un ladro, uno spacciatore, uno scippatore. Se questa è l'opinione che lo stato e la legge hanno di me e dei miei valori voglio la condanna che mi spetta. Accetterò con serenità la sentenza di condanna perché so che il giudice non ha nessun'altra possibilità. Io sono in pace con la mia coscienza: le coscienze che dovrebbero tormentarsi sono quelle di chi scrive certe leggi o tarda nel cambiarle, di chi è costretto ad applicarle e di chi, ai sommi vertici del sistema giuridico, è costretto a voli pindarici per giustificare la propria (colpevole?) neutralità. Ha un senso tutto ciò?

 

Alle mie domande e ai miei dubbi, Vostro Onore, signor Pubblico Ministero, gentile Avvocato, non esistono risposte che possiate darmi leggendo la legge. Le risposte stanno solo nelle vostre coscienze, e nelle leggi che devono ancora venire e che non potete applicare: le leggi che ancora nessuno si decide a scrivere, perpetuando la sopravvivenza di quelle attuali, inaccettabili per la mia coscienza e per chi veramente ami il nostro Paese e lo voglia libero e democratico. Le contraddizioni del sistema stanno scoppiando evidenti sotto gli occhi di tutti. Nel linguaggio comune non sono altro che un obiettore di coscienza ad una legge sorpassata e ingiusta che non posso accettare e che voglio cambiare, ma la mia coscienza non si limita ad una semplice obiezione: in realtà essa afferma la mia scelta, il mio rifiuto delle armi e della cieca obbedienza. Afferma l'ingiustizia del sistema e l'urgenza del suo cambiamento. Afferma la mia volontà di non sentirmi né complice, né indifferente spettatore, né rassegnata vittima della leva obbligatoria. E' in realtà la legge che obietta ai miei valori, è la legge che obietta e si contrappone a ciò che afferma anche la coscienza del nostro stesso Paese, ormai nettamente orientato per l'abolizione dell'anacronistico servizio di leva. Cambiare la legge è aldilà delle mie possibilità, così come delle vostre. L'ordinamento democratico in cui mi riconosco non conferisce ai singoli il potere di riscrivere le leggi, ma certo ciascuno di noi ha il potere di esprimere il proprio pensiero su di esse e di chiedere di cambiarle. Quando però una legge offende la coscienza dell'individuo, e stride ormai anche con la coscienza della maggioranza dei cittadini, quando essa è palesemente superata dalla storia, e nonostante ciò, senza alcun motivo, continua ad imporre violazioni della vita e della libertà dei cittadini, questo potere si trasforma in un dovere. Per rispetto alla mia coscienza, per amore della democrazia e del Diritto io scelgo di adempiere questo dovere morale e civile commettendo questo reato. Sono pienamente consapevole della responsabilità penale che esso comporta, ma non esistono per me altre scelte possibili.

 

Per ciò che ho studiato, per la mia coscienza e per i valori a cui desidero dedicare la mia stessa vita, come cittadino italiano ed europeo, come obiettore di coscienza, come essere umano, chiedo a questo Tribunale di condannarmi.

 

Nicola Marcuccetti.

 

Né Giusta Né Utile
E-mail: abolisci-leva@ngnu.org
Movimento per l'abolizone della leva obbligatoria