Testimonianze di obiettori di coscienza:
Giovanni M.
"Sono cose che capitano, cosa vuoi farci" hanno affermato al Distretto
Militare di Udine. Io continuero' a rispondere che queste cose non devono
accadere, che nessuno ha il diritto di giocare con la vita di altre
persone, che la giustizia deve essere garantita. Invece il servizio
civile, che e' stato il mio caso, o, piu' in generale la leva
obbligatoria, espone la persone che lo
svolge non solo alla violazione nei suoi confronti di alcuni dei Diritti
Fondamentali dell'Uomo, violazione questa insita nella natura stessa della
coscrizione obbligatoria, ma anche a delle violenze, non previste da
alcuna legge, che traggono la loro origine, per esempio, dall'arroganza e
dall'ignoranza dei militari, dall'inettitudine della burocrazia del
Ministero della Difesa, dai ricatti dei civili che gestiscono gli enti
presso i quali il servizio viene svolto, avidi di sfruttare questa
manodopera coatta. Potrei dilungarmi adducendo svariati esempi che
giustifichino l'affermazione precedente, tuttavia ritengo opportuno
raccontare con qualche dettaglio solo un fatto, forse il piu' grave, che
per me ha anche rappresentato un'illusione, benche' giustificata, di porre
fine
anticipatamente ai lavori forzati. Ho iniziato il servizio civile il 22
febbraio 1999 presso l'Istituto Giovanni XXIII di Biologna, nonostante
fossi residente in provincia di Como, l'11 giugno 1999 sono poi stato
trasferito a Trieste presso l'Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti in quanto
studente presso la SISSA, la Scuola Internazionale Superiore di
Studi Avanzati di Trieste, una scuola di dottorato il cui scopo principale
e' la formazione di ricercatori in alcuni settori della matematica, della
fisica e delle scienze biologiche, e che svolge la sua attivita'
didattica e scientifica ai massimi livelli internazionali. Durante il mese
di marzo ero venuto a conoscenza del comma 8, articolo 7 del Decreto
Legislativo 30 dicembre 1997, n. 504, in base al quale era possibile
chiedere la lisaac, ovvero la licenza illimitata senza assegni in attesa
di congedo, in quanto cittadino impegnato, con presunti meriti sul piano
nazionale o internazionale, in carriera scientifica. Cosi' il 24 marzo ho
spedito la domanda sia al Levadife, cioe' il Ministero della Difesa, sia
al
Distretto Militare di Bologna, in quanto allora ero ancora in servizio a
Bologna.
Questo distretto, oltre ad aver affermato di avere ricevuto la mia
lettera, mi aveva assicurato che i tempi per avere una risposta, positiva
o negativa, erano al piu' di 90 giorni, dunque fine giugno. Da qui
l'illusione di finire, senza la quale forse avrei smesso volontariamente.
Qualche mese dopo, il 16 settembre, senza che niente fosse successo, il
Decreto Legislativo n. 324 stabiliva che per gli obiettori
le
richieste di lisaac sarebbero state automaticamente accolte in caso di
mancata adozione del provvedimento da parte dell'UNSC, l'ufficio Nazionale
per il Servizio Civile, non piu' dunque da parte del
Levadife, nel termine di 60 giorni. Quindi martedi' 16 novembre, allo
scadere dei due mesi, dal momento che non avevo ancora ricevuto alcuna
risposta, ho contattato telefonicamente l'UNSC, il quale, oltre ad
annunciarmi che, dopo la conversione in legge del decreto n. 324, il tempo
massimo per avere una risposta era stato portato a 90 giorni, mi invitava
ad informarmi anche presso il Levadife, che era il riferente
quando avevo presentato la richiesta di lisaac a marzo. Ho cosi' scoperto
che la mia
domanda era stata accolta e che cio' era stato comunicato ad un distretto
imprecisato il 28 settembre. Subito ho contattato i Ditretti Militari di
Udine, che, in quanto in servizio a Trieste, era quello dal quale
dipendevo e che avrebbe dovuto ricevere la comunicazione, e di Bologna.
Questi, pero' non ne sapevano niente. Ho pure chiesto notizie tramite fax
al primo
ente, l'Istituto Giovanni XXIII di Bologna, che tuttavia, molto
educatamente,
non
mi ha ritenuto degno di
risposta. Dopo avere sollecitato il Levadife per oltre una settimana, il
24 ottobre il Distretto Militare di Udine mi ha comunicato il
provvedimento. Quello che e' successo e' che al Levadife la mia domanda di
lisaac era stata accolta il 15 settembre e che il 28 settembre, pensando
che i tempi fossero ormai maturi, era stata faxata al Distretto Militare
di Como, dal quale dipendevo solo prima dell'inizio del servizio, cioe'
prima
del 22 febbraio 1999. Su questo fax risultavo ancora in servizio a
Bologna, mentre ero a Trieste dall'11 giugno. Dopo le mie sollecitazioni
posteriori al 16 novembre, il Levadife aveva spedito il fax al Distretto
Militare di Trieste, che pero' non esiste piu' da anni, e poi, finalmente,
a quello di Udine. Il Levadife quindi ha dimostrato di non sapere ne' dove
assegna gli obiettori ne' quali distretti esistano ancora. Lo stato
italiano ha mostrato la sua scarsa volonta' di favorire i giovani
impegnati nella ricerca
scientifica. Il Distretto
Militare di Como, invece, dall'alto della sua scienza, ha probabilmente
pensato che la mia lisaac fosse un pezzo raro da collezione, da nascondere
e
conservare gelosamente. Attendo ancora con impazienza che tale Distretto
mi fornisca spiegazioni sulle motivazioni che l'hanno
indotto a rubarmi due mesi della mia vita. Nonostante quello che mi e'
capitato mi sembri ingiustificabile ed inaccettabile, pare che non si
possa fare niente, che il cittadino debba sempre pagare e che non ci possa
essere giustizia, che tutte le persone coinvolte in questa vicenda,
militari,
burocrati o civili che siano, continueranno le loro mediocri vite come se
nulla fosse accaduto. L'unica cosa che forse si puo' fare e'
raccontare tutto quello che e' successo, il furto che ho subito, e far
conoscere come si comporta una certa classe di persone.